sabato 28 marzo 2020

COVID-19 nei bambini: cosa bisogna sapere

Anche i bambini possono contrarre l'infezione da Coronavirus, ma i sintomi che sviluppano sono inferiori rispetto a quelli di adulti e anziani.

Il Coronavirus può colpire anche i bambini. Ma i nostri figli sembrano i più «forti» al cospetto del Coronavirus. Nel corso dell’emergenza sanitaria più grave dell’ultimo secolo, c’è anche qualche notizia meno drammatica. A ormai tre mesi dallo scoppio del primo focolaio epidemico in Cina, è un dato di fatto che i più piccoli sono sia i meno contagiati sia coloro che rischiano meno di tutti di sviluppare le complicanze più gravi dell’infezione. Ovvero la polmonite interstiziale, che nelle forme più avanzate richiede il ricovero in terapia intensiva. «Tra le poche certezze disponibili, possiamo dire che il Covid-19 non è un’emergenza pediatrica», afferma Alberto Villani, presidente della Società Italiana di Pediatria.

CORONAVIRUS: L’INFEZIONE NEI BAMBINI 

Su oltre 80mila contagi ad oggi, quelli che hanno riguardato i più piccoli nel nostro Paese sono meno di 400: meno dello 0.05 % del totale. Nessun decessoad oggi si è registrato nella fascia d’età compresa tra 0 e 9 anni. Un buon segno, che deve rasserenare genitori e nonni. Ciò non toglie che, se ci sono dei sintomi, si deve consultare il proprio pediatra per decidere il da farsi. L’ospedale? È un’ipotesi da considerare soltanto nei casi più gravi, comunque non in prima battuta. Nei bambini l’infezione da Coronavirus si manifesta con gli stessi sintomi rilevabili in adulti e anziani.
E quindi: febbretosserespiro affannosodolori ossei e muscolarianosmia (perdita del gusto e dell’olfatto). È la loro gravità, nella maggior parte dei casi, a risultare attenuata. 

BAMBINI COLPITI CON SINTOMI MENO GRAVI
Oltre alla casistica italiana, c’è anche quella cinese a documentare l’evoluzione della malattia tra i bambini. Il più ampio studio finora condotto sulla popolazione pediatrica, pubblicato sulla rivista Pediatrics, ha scattato l’istantanea al momento più nitida delle infezioni registrate nei bambini. Nella ricerca ne sono stati coinvolti oltre 2.100 con un'età media di 7 anni, 700 dei quali con una diagnosi di Covid-19 confermata dagli esami di laboratorio. Negli altri casi, invece, ci si è limitati a raccogliere gli eventuali sintomi, l’esito degli esami del sangue e delle radiografie del torace e la vicinanza ad adulti infetti. Circa la metà dei bambini ha accusato sintomi lievi (febbre, affaticamento, tosse, congestione e diarrea), mentre più di un terzo ha sviluppato una polmonite caratterizzata però da ridotte (o nulle) difficoltà respiratorie. Nel 6% dei casi i bambini hanno invece sviluppato forme gravi di Covid-19. Su 125 pazienti, 13 hanno richiesto il ricorso a cure intensive. Secondo Shilu Tong, direttore del dipartimento di epidemiologia clinica e biostatistica al Shanghai Medical Medical Center e coordinatore dello studio, «i bambini di tutte le età sembrano suscettibili all’infezione, che spesso però si manifesta con sintomi meno gravi rispetto a quanto si osserva negli adulti».

DIVERSE LE IPOTESI ALLO STUDIO
Come si può spiegare quanto osservato? Una risposta certa non c’è. Ma quanto si sta vedendo nei confronti dell’infezione da Sars-CoV-2 non è poi così diverso da quanto registrato all'epoca delle epidemie di Sars e Mers in Medio Oriente. Le possibili spiegazioni delle maggiori difese di cui sembrano godere i bambini sono diverse: da una migliore salute dei polmoni alla vicinanza con le vaccinazioni, aspetto che potrebbe rendere più efficiente la risposta immunitaria in caso di contagio. Un’altra ipotesi è che nei bambini piccoli il recettore ACE2 - a cui si legherebbe il virus per entrare nelle cellule - sarebbe meno esposto. E' possibile che il sistema immunitario dei bambini riconosca qualsiasi patogeno come nuovo e, dopo nove mesi trascorsi in un ambiente protetto (l'utero), sia più pronto a difendersi da qualsiasi insidia. 

ATTENZIONE AI NEONATI
A difendere i più piccoli, dunque, sarebbe una «loro caratteristica intrinseca», per riprendere quanto dichiarato dal presidente del comitato tecnico-scientifico per l’emergenza Coronavirus. Maggiore attenzione deve però essere posta quando a manifestare i (possibili) sintomi dell'infezione da Coronavirus sono i bambini con meno di un anno. Secondo quanto riportato nello studio cinese, infatti, in un decimo dei casi registrati tra i neonati si è assistito a un'evoluzione della malattia verso le forme più gravi. Meglio dunque essere ancora più accorti se il proprio figlio ha una febbre che non accenna a calare, manifesta difficoltà respiratorie, ha poca voglia di bere e molta di dormire

BAMBINI «VEICOLO» DELL’INFEZIONE
A preoccupare maggiormente è la possibilità che i bambini (sintomatici e non) hanno di «veicolare» l’infezione ai genitori e, soprattutto, ai nonni. Un problema che si è posto soprattutto subito dopo i primi provvedimenti restrittivi adottati dal Governo, con la chiusura delle scuole, ma non dello stesso numero di attività che risultano ferme oggi. Questa situazione, soprattutto all'inizio, ha costretto molti genitori ad affidare i propri figli ai nonni. Una scelta da evitare però in questo momento, quella del contatto tra anziani e bambini. Questi ultimi potrebbero infatti essere contagiati dai propri nipoti. E, in caso di trasferimento dell’infezione ai nonni, le conseguenze del Coronavirus potrebbero essere ben più gravi.

FONTI

sabato 14 marzo 2020

Varicocele

Il varicocele è un gonfiore, quasi mai associato a dolore, che compare a livello del testicolo, generalmente il  sinistro, tipicamente verso gli 8-14 anni di età. Si tratta di un gonfiore causato da vene che diventano varicose cioè dilatate, per una non ottimale efficenza delle loro valvole. Le valvole sono presenti in tutte le vene del nostro corpo e servono a migliorare il ritorno del sangue venoso verso il cuore, impedendo che il flusso venoso possa “refluire o ristagnare” anziché progredire, come di norma, dal testicolo verso l’alto. Se questo sistema valvolare è “incompetente”, cioè scarsamente efficace, il sangue venoso ristagna nelle molteplici vene attorno al testicolo determinando così il gonfiore, specialmente quando il ragazzo è in piedi o sotto sforzo fisico ginnico-sportivo: il gonfiore, infatti, si risolve o si riduce notevolmente se il ragazzo si mette in posizione sdraiata. Per confermare la diagnosi di varicocele è sufficiente la semplice visita del ragazzo, invitandolo a passare dalla posizione in piedi a quella supina e viceversa, facendogli fare talvolta dei colpi di tosse per aumentare la pressione addominale. Spesso è già visivamente facile “vedere” un scroto “ più pieno” nella parte sinistra, rispetto all’altro lato. Spesso il testicolo sinistro appare anche più basso, rispetto al testicolo del lato opposto, e il ragazzo ha la sensazione di un testicolo sinistro “più grande”: in realtà il più delle volte il testicolo sinistro non è affatto più voluminoso dell’altro, ma appare più voluminoso unicamente perché lo scroto è riempito da una sorta di “gomitolo “ di vene molto dilatate che circondano il testicolo stesso. La diagnosi clinica può essere confermata con un esame ecografico con valutazione dei flussi sanguigni, denonimato eco-colordoppler del testicolo. Questa valuterà con accuratezza sia le dimensioni del testicolo (didimo) sia il grado (1 -2 -3° grado) di entità del varicocele, fornendo così al chirurgo elementi preziosi per decidere la strategia terapeutica ottimale. Da tutto ciò è facile dedurre come la diagnosi precoce, in età pediatrica, di tale patologia abbia rilevante importanza. Il varicocele è, infatti, correlato alla possibilità di insorgenza di problematiche legate alla fertilità in futuro, in quanto il testicolo, circondato dalle vene dilatate, è sottoposto ad una temperatura più elevata del normale, a lungo andare, questo può determinare una compromissione della funzione dello stesso nella produzione di spermatozoi. Il trattamento chirurgico del varicocele è molto semplice e comporta la chiusura delle vene testicolari inefficenti a diversi possibili livelli, a seconda dell’età del paziente e della preferenza del chirurgo. In età pediatrica, generalmente, l’intervento viene eseguito in laparoscopia, con 3 piccoli buchini a livello addominale, chiudendo la vena con 2 piccole clips in titanio. La sera stessa dell’intervento il ragazzo può tornare a casa senza problemie nel giro di poche settimane tornare alla sua attività fisico-sportiva normale.

Un ombelico "sporgente": ernia ombelicale


L’ernia ombelicale è un gonfiore a livello dell’ombelico. Spesso è evidente fin dalla nascita dopo la caduta del cordone ombelicale o compare dopo poche settimane di vita. Il gonfiore della pelle “nasconde” un piccolo buchino a livello della parete addominale muscolare sottostante. Lo potete sentire facilmente appoggiando il vostro dito e spingendo il gonfiore delicatamente verso l’interno attraverso il difetto della pancia, come se infilaste il dito a risvoltare il dito di un guanto. L’ernia ombelicale può raggiungere anche dimensioni considerevoli, specialmente nei bambini di origine africana. Per quanto grossa sia l’ernia, non è mai un’urgenza chirurgica, anzi, più è grossa e meno è probabile che possa complicarsi. La complicazione più temuta, benchè rara, è che l’ernia possa strozzarsi (incarceramento): questo potrebbe succedere quando il difetto della parete addominale muscolare è di piccole dimensioni.  Più facilmente, invece, l’ernia tende a regredire spontaneamente. Generalmente, infatti, la maggior parte delle ernie con difetto minore di 2 cm prima dei 2 anni di età si chiuderà spontaneamente entro i 5 anni di vita del bambino/a. Spesso, il miglioramento significativo si manifesta dopo che il bambino/a inizia a gattonare e poi a camminare, in quanto questo comporta uno sviluppo della parete muscolare addominale e quindi la progressiva riduzione del difetto. Può essere utile, fin dai primi mesi di vità, far praticare al vostro bambino/a un corso di acquaticità per lattanti in piscina insieme ai genitori: oltre ad essere utile per iniziare a sviluppare la muscolatura addominale, è sicuramente un’esperienza meravigliosa per rinforzare il rapporo genitore/figlio. Se l’ernia persiste oltre i 5 anni di età allora vi verrà proposto l’intervento chirurgico correttivo. L’intervento è molto semplice: il chirurgo farà una piccola incisione all’interno dell’ombelico a forma di sorriso (incisione “smiling”) e chiuderà il difetto sottostante della fascia muscolare con 2 o 3 punti di sutura orizzontalmente, ricreadno anche un aspetto normale dell’ombelico in caso di ridondanza della pelle. La pelle viene comunque lasciata, anche se in eccesso, in quanto poi si ritirerà spontaneamente con la crescità, analogamente a quanto succede con la pelle della pancia della mamma dopo una gravidanza.  


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Dolore Addominale nei Bambini

Il dolore addominale è uno dei problemi medici più comuni nei bambini. Rappresenta fino al 4% di tutte le visite mediche pediatriche e fino ...